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Racconti di fede: Padre Lorenzo Prezzi

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Padre Lorenzo Prezzi, nato nel 1949, religioso della Congregazione dei Sacerdoti del sacro Cuore, più noti come Padri Dehoniani, dal nome del Fondatore p. Leon Dehon, è sacerdote, teologo e giornalista. Attento osservatore della vita ecclesiale, è stato per lunghi anni redattore e poi direttore della prestigiosa rivista “Il Regno” del Centro Editoriale Dehoniano, e attualmente ha assunto la direzione delle riviste: Settimana e Testimoni.
 

Come vivi la tua fede nella dimensione dell´interiorità
e nella dimensione comunitaria-ecclesiale? Come la esprimi?
 
Trovo una qualche resistenza a parlare della mia fede. Eredità di quella dimensione sociologica del credere viva fino negli anni ´50 in cui non era né necessario né auspicabile esprimersi a livello personale quando vi era chi poteva farlo meglio e con più autorevolezza. Ma anche resistenza rispetto alla irritante «esposizione dell’intimo» a cui la comunicazione mediale ci sta abituando, quasi non ci fosse più ambito della vita personale degno di discrezione e di silenzio, con l’esito di rendere tutto ugualmente banale: dai gusti culinari alle scelte di fede e di valori. Una insopportabile banalizzazione cui non sfuggono testimonianze anche sincere che vengono triturate dall’insieme della comunicazione.
altra parte non si può misconoscere il crescente ruolo che la testimonianza personale e diretta ha nella comunicazione delle fede e nella sua alimentazione. Sono stati i movimenti laicali ad abituarci progressivamente a questa sincerità. Ed è il contesto di una desertificazione della fede a rendere oggi importante la parresia, il coraggio di dire in parole semplici ed essenziali il contenuto e la forma della propria fede.
La tradizione ci aiuta a non ignorare i contenuti della fede (il credo), come anche l´adesione personale ad essi e il relativo cammino di maturazione. Ma emerge in forma consistente la dimensione fiduciale del credere, che raccoglie l´affidamento originario di ogni vita e lo alimenta in pienezza con la fiducia nella parola e nei gesti di Gesù, nell´annuncio di un Dio-abbà. Se una ulteriore inflessione e caratterizzazione è possibile introdurre parlerei di una dimensione di humor e di speranza. C´è fin troppa angoscia in giro per lasciare la fede alle sue architetture essenziali che rispondevano alla imperiosa domanda di ragionevolezza. Si può sorridere su Dio e con lui, esattamente come Sara nella tenda davanti alla prospettiva della maternità tardiva. Perché solo il sorriso manifesta l´accoglienza dell´imprevedibile e dispone a metterlo in esecuzione. La dimensione della vita consacrata, anche più di quella presbiterale, è stata la grazia che ha alimentato la mia fede. Una compagnia di «pazzi per Cristo» che ha scommesso sull´improbabile centuplo trovando percorribile scelte e stili altrimenti non raggiungibili. Rispetto alla comunità dei credenti la mia fede vive della comunione dei santi e nella sapiente mistica oggettiva della liturgia.

 

 
Potresti narrare quale é stato il momento decisivo per la tua fede,
in cui hai sperimentato che il Signore é il "tuo" Salvatore?
 

 

Faccio fatica a riconoscere un momento specifico per la maturazione della mia fede. Mi pare più una continuità, consobbalzi e arretramenti, ma senza momenti in cui si gioca fra il tutto e il niente. Devo dire che temo anche la notte oscura della fede. So che è territorio comune a molti credenti e a molti santi, che in qualche maniera è inevitabile, come mostra la pretesa di Giobbe di capire e dei profeti di vedere corrispondere la parola annunciata ai fatti registrati. C´è una dimensione drammatica del credere che è interna all´atto del credere ed è insopprimibile. Non si crede a basso prezzo. Né la si testimonia con semplici gonfiori emozionali. La volontà non meno dell´intelligenza entrano a alimentarla e sorreggerla. Ma se dovessi indicare un tempo particolarmente propizio alla maturazione della mia fede devo riandare all´immediato postconcilio. Se non ci fosse stato il Vaticano II non sarei né religioso, né prete e forse neppure più credente. È difficile raccontare il senso di apertura, di sorpresa e di invenzione di quegli anni. Sentivo che l´intera Chiesa sorreggeva la ricerca di una fede che fosse pienamente libera e pienamente obbediente, che si poteva viverla in forme e declinazioni diverse, che diventava il vero alimento del senso buono della vita e dei suoi inevitabili rischi. Per questo sento dolorosamente la crescita di sospetti nei confronti di quell´assise benedetta, l´emergere di figure che vorrebbero ridimensionarle se non rimuoverla. Non erano solo documenti che progressivamente si leggevano, era la vita spirituale che si apriva e si alimentava da quei testi e dalle testimonianze dei protagonisti, dei teologi e dei testimoni. Si, ci siamo riconciliati con la storia di tutti e la nostra stessa storia personale. Averlo potuto farlo percorrendo la Parola, senza contrapporsi alla Chiesa e senza mettere in discussione la fede la ritengo fra le grazie maggiori della mia vita.


Quali persone ti hanno trasmesso una valida testimonianza di fede? E come?
 
è davvero un folla di testimoni a cui sono grato della mia fede. Da quelli della mia infanzia, a partire dalla famiglia, ai maestri e ai pastori. Ma anche ai formatori e compagni dell´infanzia in quelle strutture seminaristiche che non ci sono più ma che allora aveva un senso, nonostante tutti i loro limiti. Fino ai maestri di vita religiosa che ho conosciuti e stimati; ai confratelli che mi hanno insegnato a comunicare la letizia dell’essere cristiani. Ma per il lavoro giornalistico che mi è capitato di fare (a Il Regno, Settimana e Testimoni) ho davanti una sorta di geografia della santità e della fede che punteggia non solo il nostro paese, ma l´intero globo. Non c´è angolo del mondo in cui non si trovi il testimone coraggioso e la comunità generosa. Davvero la fede è una questione del popolo di Dio e della comunione dei santi. Ricordo con gratitudine il racconto di un vescovo cinese che ricordava le torture subite dai sui confratelli. E come, per poter sopravvivere, alcuni avessero accettato condizioni personali non sostenibili (dovevano sposarsi). Ho ritenuto e ritengo che fossero dei veri credenti e che noi, giudici frettolosi e garantiti, non avremmo fatto niente di meglio di loro. La fede vive anche di miserie e di sconfitte perché è solo un dono dall´alto e una grazia a fondo perduto.


  
Come si nutre la tua fede?
Cosa ritieni importante per accrescerla e consolidarla?
 
Forse è una risposta scontata e prevedibile. Ma ciò che nutre la fede non è la moltiplicazione delle esperienze e delle emozioni e tanto meno la pretesa di un benessere personale in cui trovare una supposta armonia con il cosmo. È una delle polpette avvelenate che vengo regolarmente messe in circolazione. La fede cresce dentro la Parola, nella frequentazione dei sacramenti, nel generoso servizio della comunità religiosa e cristiana, nella fastidiosa cura dei poveri. Insomma, nella vita normale: dal lavoro ben fatto e nella generosità sapiente che permette di spendersi anche domani. Ma soprattutto nella preghiera coltivata e comunitaria.


Quale Parola del Signore ti accompagna più spesso nel cammino quotidiano della tua fede?
 
I brani evangelici e scritturistici ispiranti sono molti. Amo particolarmente il racconto dei Magi di Mt 2,1-12.


Di fronte al mondo contemporaneo, qual è il messaggio che la
Chiesa cattolica può donare e come potrebbe migliorare l´annuncio del Vangelo?
 
Sono curioso di vedere cosa succederà a partire dal sinodo sulla Nuova Evangelizzazione. Mi pare tuttavia che fra le cose più urgenti da confermare ci sia l´archiviare la ricorrente tentazione di gridare al complotto, di arroccarsi in difesa, di ritenere il Vangelo in pericolo. La Parola è più forte di noi e di tutti. Così come di ritenere che le critiche alla Chiesa e alla nostra vita credente siano un attentato alla nostra libertà. Dovremmo avere maggiore cura dei deboli nella fede, di quella folla di uomini e donne che aspettano parola di consolazione e di speranza, più che valori non negoziabili e censure sempre più implausibili. Il Vangelo può vivere bene anche oggi, anche nelle nostre società occidentali. Quello di cui c´è urgente bisogno è della trasparenza e mitezza evangelica che alimenti la speranza e la lucidità storica di tutti gli uomini di buona volontà. La nostra è una stagione particolarmente felice per il Vangelo sine glossa.
 

 




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sr Felicina Ferro

16/03/2013 | 09:48

La fede è dono di Dio...più la scrutti e ti sembra di conquistarla più il fondo si allarga e diventa un fondo perduto della misericordia di Dio! Grazie P Lorenzo la tua testimonianza ha attraversato l'oceano...complimenti un fraterno saluto dal Gabon sr Felicina s.j.b.p.

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