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Racconti di Fede: p. Gian Piero Rulfi

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Mi chiamo p. Gian Piero Rulfi e sono originario del Piemonte , precisamente del Monregalese, dove sono nato 68 anni fa’.  Mio padre operaio/contadino e mia mamma sarta/casalinga, mi hanno cresciuto in un dopo guerra difficile “senza lasciarmi mancare niente”, come si dice. Soprattutto non mi è mai mancato l’affetto e l’esempio di onestà e di fede semplice  !  Sono entrato in seminario in prima media e sono diventato prete nel ’68, quando la “rivoluzione di maggio” toccava anche i seminari!
 
 
 
 
Un itinerario lineare, sereno, fino alla maturità. Poi la crisi e la decisione sofferta di continuare verso il sacerdozio ministeriale, con lo sguardo puntato su “Gesù, sommo ed eterno sacerdote”. Gli anni di teologia sono stati segnati dal Concilio Vaticano II, evento vissuto fin dall’inizio con attenzione e attesa grandissima. Ricordo l’entusiasmo dell’apertura! Ordinato prete poco dopo la conclusione del Concilio,  sono stato coinvolto nella ventata di rinnovamento che aveva prodotto, e ho vissuto serenamente i primi nove anni di sacerdozio come vice parroco prima e poi come animatore/vicerettore in Seminario. Nel 1977 è avvenuta la svolta della mia vita. Dopo lunga maturazione, incominciata negli anni di seminario, è sbocciata la decisione di partire missionario. Sono entrato nella Società delle Missioni Africane (SMA) , che mi permetteva di andare in missione in Africa, precisamente in Costa d’Avorio, pur rimanendo “incardinato”, alla mia diocesi di Mondovì.  E così nel’agosto del 1978, dopo un anno di preparazione, partivo per quella che doveva diventare via via la mia vita e la mia passione. Tra diversi soggiorni in Africa e permanenze in Italia per la formazione dei seminaristi e l’animazione missionaria, sono arrivato ad oggi. Da ottobre dello scorso anno 2011 sono tornato, dopo dodici anni di assenza, in Costa d’avorio, nella Casa Regionale della Sma, per un incarico biennale di accoglienza e di aiuto nella formazione spirituale.  Dopo aver vissuto praticamente tutti gli aspetti della missione: in parrocchia, seminario, animazione, formazione,  mi trovo oggi in una Casa particolare, punto di riferimento dei missionari del paese, osservatorio che  permette di percepire la trasformazione in atto nel campo dell’evangelizzazione. I vari passaggi di padri e laici impegnati nella missione diretta, permettono di sentire il polso di una vita missionaria in continua evoluzione. Condivido l’impegno con altri due confratelli, un italiano, il superiore, e un africano, suo vice.

Non mancano i timori, dovuti soprattutto alla situazione socio-politica di un dopoguerra instabile e insicuro… ma non mi manca neppure il tempo per la preghiera, la lettura, la riflessione e la preparazione di momenti formativi, quali  incontri, Ritiri, Esercizi spirituali.  
 
Come vivi la tua fede nella dimensione dell’interiorità e nella
comunitaria-ecclesiale? Come la esprimi?
 
Andando avanti negli anni si va all’essenziale. Anche nella fede. La vedo sempre più come un “fare credito”a Dio, fargli posto, abbandonarmi nelle sue mani! Accogliere quanto Lui mi propone e cercare di realizzarlo. Quanto mi chiede è il mio vero bene, a tutti i livelli, soprattutto quando costa! In fondo, Dio mi propone di assomigliare a Cristo, Buon Pastore e 1° missionario. Devo dire che, soprattutto ultimamente, sento un richiamo fortissimo a “fissare lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede” (Eb 12, 2) Gli ultimi Esercizi predicati ai Seminaristi missionari era su questo tema!  Sento che la fede in Cristo pacifica, “umanizza”, rende veramente persone libere e responsabili, apre sempre orizzonti nuovi in quell’Orizzonte definitivo che ci attende. La Persona di Gesù mi affascina,  mi interpella continuamente.  Sento che bisogna seguirlo nella sua vicenda fino in fondo, e senza mezze misure! 
 
C’è una pagina del Vangelo di Luca che mi parla particolarmente: quella dei discepoli  di Emmaus. Ci vedo il cammino che posso fare io, ogni volta che, scoraggiato, “scappo da Gerusalemme”; e, allo stesso tempo, ci vedo come diventare aiuto  per ritrovare la strada della fiducia a chi l’ha persa o non l’ha mai avuta, proprio come fa Gesù con i due…C’è uno stile che è tutto suo, ed è formidabile! Come missionario mi sento particolarmente attratto da questo stile di accompagnamento discreto e forte insieme…Stare accanto… Credo sia lo stile della Missione di sempre e in particolare di oggi, in Africa, come in Italia! Dove c’è bisogno di riscoprire Gesù, di ritrovare la gioia di essere cristiani! Qui in Africa, il pericolo di annacquare il Vangelo, di renderlo insipido è presente come da voi, purtroppo!  Ma ci sono comunità giovani vivacissime, e le CEB (Comunità Ecclesiali di base) si stanno diffondendo rapidamente animando il tessuto spesso convulso dei quartieri cittadini. Il nostro lavoro missionario è di rendere…missionari…

I due di Emmaus, nel momento in cui riscoprono Gesù, ritornano sui loro passi, a Gerusalemme, a quella comunità da cui sono scappati: insieme condividono e testimoniano! E questo è  la Chiesa!
 
Potresti narrare quale é stato il momento decisivo per la tua fede,
in cui hai sperimentato che il Signore é il "tuo" Salvatore?
 
Credo sia stato quando si è trattato di scegliere di continuare  verso il sacerdozio, o prendere un’altra strada. Ero in terza liceo e mi preparavo alla maturità. A quel tempo dare l’esame di maturità voleva dire praticamente avere l’intenzione di andarsene… Ho passato un periodo di sconcerto, di nebbia fonda. Da una parte la paura di non essere sulla strada giusta, di essere arrivato lì per inerzia; poi la percezione della mia fragilità come ostacolo ad affrontare una missione così grande come quella del prete;  dall’altra l’impressione lacerante di tradire un Amico fedele, che mi aveva accompagnato fino allora. Fu la parola sicura del  padre spirituale a decidermi. Mi disse di guardare avanti con fiducia, che Qualcuno aveva posato gli occhi su di me da tempo, e che se ero arrivato fin lì, non era a caso e per sbaglio…  E mi sono fidato. Ho fatto fiducia all’uomo che mi consigliava, ma soprattutto mi sono affidato a Colui che mi chiamava da sempre. E’ come se il Signore mi ripetesse: “vieni”! Non l’ho sentito con le orecchie, ma col cuore sì. Ho ascoltato e sono andato avanti. Mi ha liberato dalla paura! E sono qui dopo 44 anni a dirgli grazie!
 
Nei momenti di prova in che modo la fede ti ha aiutato a crescere nell’affidamento al Padre e nella condivisione della Pasqua di Cristo?
 
Credo di poter dire di non avere avuto mai momenti di grande prova da mettere in crisi la mia fede!  Momenti di scoraggiamento sì, di buio, come ho detto sopra, in cui la Fede, direi proprio la presenza di Gesù, mi ha sostenuto.  E’ stato soprattutto durante gli anni di Missione, quando la difficoltà della responsabilità assunta mi ha messo con le spalle al muro spingendomi a dimissionare.  E’ allora che ho potuto “ripartire” con rinnovata fiducia “guardando a Lui”, fissando i miei occhi sulla sua croce,  e con l’aiuto di tempi prolungati di ripresa spirituale.  Ricordo le ore passate davanti a un grande crocifisso nella cappella della casa di Esercizi, a chiedergli: “ perché sei rimasto lì, tu?  perché non sei sceso da quella croce?”  La luce della Pasqua è sempre ritornata!
 
Quali persone ti hanno trasmesso una valida testimonianza di fede?
E come?
 
Erano gli anni del Concilio, e ricordo il fermento in Seminario. Tra i professori, molti erano all’antica, e non vedevano molto di buon occhio le novità, l’apertura che noi seminaristi esaltavamo. Il Padre spirituale invece, un uomo di mezza età,  molto provato nella salute, mostrava però un’apertura formidabile, veramente conciliare! La si respirava nelle meditazioni mattutine che ci teneva e nelle conferenze del giovedì sera. Ci presentava una Chiesa aperta al mondo!  Un uomo di grande fede, che lasciava trasparire serenità e fermezza. Uno di quelli che si definiscono “burberi benefici”, ma che ha lasciato un’impronta validissima in molti di noi.  Ultimamente, un confratello missionario, recentemente scomparso, mi ha data una testimonianza splendida di come si affronta la malattia e la morte! Già nei primi anni di sacerdozio avevo avuto il dono di accompagnare un prete anziano nel suo ministero e poi di assisterlo negli ultimi giorni della sua vita! Mi è rimasto un ricordo vivissimo della sua umiltà e bontà, della sua umanità, e della fede con cui aveva vissuto e ora invocava il Signore sul letto di morte! Spesso mi dico: che il Signore mi dia di vivere e morire come lui!
Infine, c’è una persona che mi interpella continuamente, anche se scomparsa 153 anni fa’: è il vescovo Mons. de Brésillac, fondatore dell’Istituto di cui faccio parte, la Sma,  morto di febbre gialla a soli 46 anni in Sierra Leone. Ecco cosa diceva ai suoi missionari durante un ritiro.  Oggi lo dice a me:
 
“La gioia che vi auguro, quella che deve  essere la compagna fedele del vostro lavoro, è la gioia del cuore, la gioia di una coscienza pura, la gioia del servo che ama il suo Signore e che si rallegra di lavorare per lui, la gioia di una legittima vocazione che ci fa trovare bene là dove il Signore ci ha posto, che non invidia nulla, non desidera nulla, non rimpiange nulla, perché non ha più che un solo desiderio al mondo: fare ciò che Dio vuole, come lo vuole, e nulla più! ”
 
Come si nutre la tua fede? Cosa ritieni importante per
accrescerla e consolidarla?
 
Posso dire che  sono due i pilastri che sostengono la mia fede:   innanzitutto la Parola di Dio, quella che la liturgia mi propone ogni giorno e che riprendo per la meditazione e la preghiera: è la porzione di cibo spirituale quotidiano che sento insostituibile. Direte, ma è cosa normale per un prete!  Sì, è normale, ma deve essere effettivamente scelta, voluta, continuamente rinnovata, per non diventare routine.. E perché non diventi routine, ho deciso di incominciare ogni giornata invocando lo Spirito Santo con la Sequenza! E’ come dare il là al nuovo giorno! Lo Spirito si incarica di ricordarmi le cose in cui mi sono impegnato! Sul serio! L’esame di coscienza poi e la Riconciliazione  mensile mi aiutano a ripartire sempre…

Poi c’è la Celebrazione comunitaria delle Lodi e della Messa con i fedeli che frequentano la Casa. Ogni giorno si raduna nella nostra cappella, una sessantina di persone  adulti e giovani, uomini e donne, che vengono alla sorgente prima di immergersi nel loro impegno quotidiano: lavoro, studio, insegnamento, ufficio. Vengono già con i loro strumenti di lavoro, pronti a ripartire caricati e sereni.
   
Voi non immaginate quanto questo mi incoraggi e mi stimoli ad essere fedele alla mia Missione di donare Cristo e il suo Vangelo! Ne vedo al vivo l’urgenza e l’esigenza! Per me e per loro!
“La fede si accresce donandola!” Non è così?
 
Quale Parola del Signore ti accompagna più spesso
nel cammino quotidiano della tua fede?
 
C’è una parola che ultimamente mi accompagna e mi interpella continuamente:  è la parola “benevolenza”!  Traduce in pratica quanto il Signore dice: “Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro che è nei cieli!”  “Benevolenza” significa per me : “volere il bene ” come fa Dio, verso tutti; guardare l’altro con amore, fiducia, perdono, anche quando non lo merita… proprio come fa Lui, con tutti! Vivo in missione, in un contesto di grande confusione sociale, a seguito dei disordini e le violenze successe negli ultimi tempi: ci sono rancori e sospetti. Spesso il bisogno di soldi subito, spinge alla menzogna, al sotterfugio, all’insistenza  e anche alla violenza. Viene da perdere la pazienza, la carità va a farsi benedire; si diventa diffidenti e qualche volta duri. C’è bisogno di superare continuamente questi sentimenti negativi, e accogliere nonostante tutto e tutti: il male lo si vince col bene!  Anche in comunità, tra confratelli, è quanto mai necessaria.. la benevolenza! Balzano agli occhi più i difetti dei pregi dell’altro!  E’ un esercizio continuo quello di andare oltre… guardando piuttosto ai propri difetti…che a quelli altrui, e dando fiducia sempre.
 
Di fronte al mondo contemporaneo, qual è il messaggio che la Chiesa
cattolica può donare e come potrebbe migliorare l’annuncio del Vangelo?
 
Sono rimasto sempre molto colpito dalla figura stupenda del Card. Martini, recentemente scomparso! Il suo approccio alla Parola di Dio mi ha sempre affascinato e insegnato a proporla agli altri.  Rimane per sempre il Pastore che ha parlato alla  Chiesa e al mondo con la libertà dei Figli di Dio, ma anche con la consapevolezza di chi deve annunciare il Vangelo con amore e fiducia assoluta nella forza della Parola di Dio!  Mi ha colpito la definizione che ne ha dato il Papa nel suo messaggio il giorno dei funerali: “Un uomo di Dio, che non solo ha studiato la Scrittura, ma l’ha amata intensamente e fatta amare.. un instancabile servitore del Vangelo e della Chiesa!” 
 
Il suo sogno era ed è stato fino all’ultimo quello di una Chiesa “umile, libera, sciolta”! Ecco, mi pare questo il volto che la Chiesa, che siamo tutti noi, deve mostrare al mondo! Soprattutto ai giovani, i quali non sono per nulla insensibili di fronte all’autenticità! E’ verissimo quanto Paolo VI diceva: “L’uomo moderno ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, e se ascolta i maestri è perché sono testimoni!” L’ho sperimentato tante volte nel mio lavoro di animazione con i giovani: la Parola di Dio esercita un fascino incontenibile quando è accompagnata dal’impegno per una testimonianza di una vita che la riflette e  che rinvia costantemente alla sorgente: Cristo!



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sr Maria Rosa Barison

12/02/2013 | 10:48

Grazie p.Gian Piero per questa bella testimonianza di fede. Ricordo con riconoscenza gli incontri occasionali e tuttavia preziosi fatti negli anni novanta; il tuo volto gioioso e sereno di missionario innamorato del Signore, è stato una bella lezione di vita. Buona Missione!!!

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