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Sr Adelaide Bertolini

Una madre per la parrocchia

Rio nell’Elba è un piccolo comune di poco più di un migliaio di abitanti, abbarbicato sulle colline all’estremo Nord dell’Isola d’Elba, ma è uno dei Comuni più antichi dell’Isola, protagonista o testimone nei secoli di tutte le vicende della storia isolana. Una storia millenaria legata alle risorse minerarie, che parte dal periodo Eneolitico, quando nella zona dell’attuale comune di Rio nell’Elba si sviluppò una società di cavatori commercianti e metallurgisti i cui resti sono ancora visibili in una delle necropoli più importanti d’Italia situata in località San Giuseppe. Molti di questi reperti di inestimabile valore sono esposti nel museo archeologico del paese. Nel Medioevo e nel Rinascimento Rio nell’Elba godeva di una grande considerazione soprattutto in virtù della sua ricchezza ferriera. 
 
Le coste di questa parte dell’Elba conservano i tratti più selvaggi e affascinanti dell’isola. Le spiagge sono piccoli tesori ambientali incavati in dirupate scogliere fuori mano ma che conservano intatta la loro bellezza originaria. Spiagge molto suggestive e incontaminate, con pareti a picco sul mare e piccole calette raggiungibili solo via mare. A pochi passi dal nucleo del centro storico del paese si trova la Terrazza del Barcocaio, luogo di visioni privilegiate: a sinistra il Monte Giove, sulla cui sommità si possono ancora scorgere i resti dell’antico castello, a destra lo scorcio dell’orizzonte che si apre sul mare.
 
Agli inizi del secolo XX ancora molti isolani lavorano nelle miniere di ferro e questo permette un minimo di sostentamento per donare alle famiglie del luogo una condizione modestissima ma dignitosa. 
 
Docilia, secondogenita di Giovanni e Adelaide Giannelli, nasce il 21 marzo 1914 e il 23 successivo viene battezzata nella parrocchia dei Santi Giacomo Apostolo e Quirico Martire, una parrocchia dotata di una bella chiesa risalente al XIV secolo, eretta durante il dominio pisano dell’isola. Restaurata e rimaneggiata nel Settecento mostra la sua origine medievale nell’impianto a tre navate. Gli interni sono barocchi. Custodisce la tela settecentesca raffigurante le Nozze mistiche di Santa Caterina, attribuita a Giovanni da San Giovanni, e un’ampia collezione di argenterie sacre. Giovanni e Adelaide sono persone serene e laboriose, frequentano la parrocchia da buoni cristiani ma le prove della vita non mancano. Nascono loro due bambine: Romelia e Docilia, ma la giovane mamma muore presto lasciandole ancora piccole. Docilia ha solo quattro anni e la nonna materna fa da mamma a tutte e due. 
 
Anche la sorella Romelia muore ancora fanciulla lasciando Docilia unica superstite della famiglia insieme al papà, il quale, passato il lutto sente che deve di formarsi una nuova famiglia sposando una giovane vedova con due figli: Giuseppino e Alba. Dal loro matrimonio nasce anche una bambina che viene chiamata con il nome di Romelia, come la sorellina che era morta da poco tempo. 
Papà Giovanni è un modesto ma abile ciabattino, molto conosciuto e stimato in paese. La seconda moglie ha un negozio di rivendita di sale e tabacchi, come si chiamava all’epoca, e collabora al mantenimento della famiglia meglio che può. E’ una famiglia buona, di sane radici cristiane, molto religiosa, umile e decorosa.
 
La nostra Docilia, biondina e dal volto buono e luminoso, cresce frequentando la parrocchia, e in particolare come membro dell’Azione Cattolica mostra la sua capacità di prendersi cura dei più piccoli di lei. Dato che i genitori lavoravano fuori casa, Docilia si dedica alla casa, alla spesa e collabora alla buona armonia familiare. Riceve il sacramento della Cresima, dal vescovo di Livorno, Mons. Sabatino Giani, il 17 luglio del 1920, sempre nella sua bella Chiesa parrocchiale. “Fin dalla sua infanzia ha tenuto sempre ottima e esemplare condotta”, come testimonierà il parroco don Giuseppe Benettini, qualche anno più tardi, al momento di scrivere il certificato di buona condotta richiesto dalla Congregazione alle giovani che chiedevano di entrare. 
 
Infatti la giovane Docilia, affascinata dallo stile delle Suore Pastorelle, che nel maggio 1943 avevano aperto una comunità proprio a Rio Elba, le frequenta volentieri e spesso si unisce a loro nella preghiera e nello svolgimento delle diverse mansioni pastorali. Dopo aver aiutato a lungo la sua famiglia, specialmente negli anni difficili della seconda guerra mondiale, sente che non può più indugiare nel rispondere a Gesù buon Pastore che la chiama nell’intimo e le fa sentire il suo amore speciale. Così il 23 marzo del 1948, all’età di 34 anni, entra in Congregazione nella casa di Genzano (RM). La sua età matura, al momento dell’ingresso, si può considerare un’eccezione in quell’epoca; per questo era necessaria una dispensa speciale che le fu data con totale fiducia, proprio per le sue buone doti e il suo spirito trasparente. Nel tempo del postulato dà subito buona prova di sé e con fiducia i superiori la inviano come suorina nella sua Isola d’Elba, ad aiutare le suore della comunità di Marciana Alta, che era stata aperta nel settembre 1945.
 
Il 14 agosto 1950, vigilia della solennità dell’Assunzione della B. V. Maria, nel pieno dell’anno Santo della Redenzione, Docilia entra in noviziato a San Pietro alle Acque, casa vicina a Massa Martana (PG) che era stata aperta nel giugno del 1948 e considerata sino al 1953 casa principale dell’Istituto. Si tratta di un edificio abbastanza grande ma molto trascurato, forse un ex convento, a cui è annessa una chiesa in stato di abbandono. Le Pastorelle si dedicano con grande amore al suo restauro, ridando vita per alcuni anni all’antico sito. Il Fondatore menziona questo zelo restauratore delle Pastorelle in una sua predica, dicendo: “Alle suore pastorelle toccherà spesso di andare in parrocchie e chiese in stato di abbandono, come era questa di S. Pietro di Massa Martana, ma passato un po’ di tempo, per lo zelo delle pastorelle, quelle chiese vengono riordinate, rese meno indegne di ospitare Gesù che vuol sempre rimanere in mezzo a noi. Egli si compiace di stare con le suore pastorelle, le benedice, le aiuta, le consola”.
 
Possiamo immaginare la novizia Docilia, matura e responsabile com’è, dedicarsi con grande generosità al decoro della Chiesa e della casa, e certamente è di esempio alle novizie più giovani. Nella relazione della maestra di noviziato, che la presenta per l’ammissione alla prima professione, Docilia viene descritta piuttosto timida ma comprensiva e materna. Nel tempo del noviziato ha dato prova di rettitudine, pietà, buon spirito religioso. Ha un grande amore alla povertà e al distacco dalle cose, grande ragionevolezza e capacità di riflessione, ama molto l’Istituto. E conclude che ha fatto bene il noviziato in un costante esercizio delle virtù. Un profilo veramente molto positivo che le consente l’ammissione alla professione senza ombra di dubbio. 
 
Il 15 agosto del 1951 emette la sua prima professione religiosa a Genzano, prendendo il nome di sr Adelaide, in memoria della mamma che dal Cielo non può che compiacersi della sua piccola Docilia che è diventata una brava suora. A ricevere i suoi voti, insieme a quelle di altre cinque novizie, è il Fondatore in persona, dopo un corso di esercizi spirituali. Indubbiamente l’animo di sr Adelaide è pervaso di intima e profonda gioia perché ha potuto consacrarsi tutta al buon Pastore Gesù e al suo popolo e coronare così il suo grande sogno d’amore. Dopo un anno di apostolato pastorale a Solara (MO), sr Adelaide ritorna a San Pietro alle Acque, in cui la sua presenza materna edifica molte sorelle e molte giovani in formazione. 
 
Il 7 ottobre 1953, dopo l’approvazione diocesana sr Adelaide è parte del primo gruppo di sorelle che a Massa Martana, emettono ufficialmente la professione nelle mani del Fondatore, il beato Giacomo Alberione. Atto necessario dopo l’approvazione, benché a suo tempo ognuna avesse emesso i voti, ma in forma privata. Intanto ad Albano Laziale il 15 aprile 1953, festa di Gesù buon Pastore, viene inaugurata la nuova casa madre delle Pastorelle. Una casa grande e spaziosa, piena di tante giovani formande, tra le quali la presenza di sr Adelaide viene considerata quanto mai opportuna, per la sua testimonianza di fede e di laboriosità. Perciò nel 1954 viene chiamata a dare una mano e intanto a cominciare a prepararsi in vista della professione perpetua. 
 
Nel frattempo, il 21 novembre del 1955, viene aperta una comunità nel Cicolano, una zona montuosa dell’alto reatino, esattamente a Santa Lucia di Fiamignano, dove le pastorelle vengono richieste per prendersi cura di una popolazione sparsa in tanti piccoli comuni montani che la seconda guerra mondiale ho impoverito duramente. Una presenza invocata e preziosa. Nel piccolo gruppo di suore viene mandata anche la nostra sr Adelaide. 
 
Nella relazione in vista dell’ammissione alla professione perpetua si afferma che è una suora ben formata e che promette bene, ama tanto le anime e l’Istituto, si dona con generosità e compie con responsabilità il suo dovere. Vive bene la sua vita religiosa di pastorella e si conclude scrivendo: “Si sente che è di famiglia”. Espressione molto positiva che spicca nella descrizione del suo profilo, per altro a quell’epoca, stilato, per tutte, sempre in modo essenziale e sobrio. 
 
Così in casa madre, ad Albano Laziale, il 10 agosto 1956, sr Adelaide ritorna per emettere la sua professione perpetua. Nel settembre successivo viene aperta un’altra comunità nel Cicolano, a Borgorose, e, tra le prime sorelle che danno inizio alla comunità, troviamo ancora sr Adelaide che vi rimane per vent’anni. Nel 1962 viene nominata superiora della comunità sino al luglio del 1976. 
 
E’ a Borgorose che Madre Adelaide ha la possibilità di esprimere tutte le potenzialità della sua maternità spirituale. Anzitutto dentro la comunità dove si prende cura attenta e dolce delle sorelle a lei affidate, ma poi nel suo ministero pastorale segnato da grande semplicità e capacità di tessitura delle relazioni, di ascolto di ogni persona, di accoglienza e amore verso tutti e specialmente dei più poveri. Tutti, sacerdoti, laici, lontani e vicini, ricercano la sua presenza buona, umile, operosa. Una madre per la parrocchia. 
 
Dopo vent’anni di fecondo apostolato a Borgorose, viene chiesto a Madre Adelaide il trasferimento nella comunità di Lusia (Rovigo), che ella accetta con grande spirito di fede e di sacrificio. Passa dal clima collinare e montano del Cicolano a quello afoso e umido della bassa padana, dalla comunità parrocchiale che aveva fatto crescere e che l’amava e stimava profondamente, a una comunità che non la conosce e in cui le è chiesto di compiere il suo apostolato pastorale ricominciando daccapo. Ma lei va, sorridente e disponibile, con umiltà e mitezza, a compiere la sua missione in spirito di obbedienza e con grande amore per la nuova famiglia parrocchiale che le viene affidata.
 
Da Borgorose arrivarono non poche richieste per riavere ancora la cara Madre Adelaide, ma da parte sua non ci fu alcun tentennamento né tanto meno approvazione di tali richieste. Si recò a Lusia e si mise subito all’opera, sapendo che Gesù buon Pastore l’aveva già preceduta nel nuovo luogo di missione. La sua attenzione e la sua premurosa presenza tra le nuove pecorelle del suo gregge, non passano inosservati e dopo qualche tempo comincia a conquistare i cuori con la sua bontà materna e la sua dolce umiltà. 
 
Interessante è ricordare come risponde ai quesiti che la Congregazione pone ad ogni sorella dopo il II Capitolo Generale del 1975. Alla domanda in quale ambiente desideri svolgere l’apostolato, Madre Adelaide risponde con estrema semplicità e sobrietà: “Non ho alcun desiderio personale, non ho preferenze, purché sia adeguato alle mie capacità”. Così anche circa la composizione della comunità, se piccola o numerosa, risponde: “Per me è indifferente”. Si può notare in queste risposte quella santa indifferenza che il Fondatore inculcava ai suoi figli, sulla scia di S. Ignazio di Loyola, e che è segno di consegna totale nelle mani del Signore attraverso le mediazioni umane. 
 
Madre Adelaide, come risulta da molte testimonianze, non si preoccupa mai di se stessa, è sempre contenta di tutto, ed anche se soffre non lo fa notare. Si dispiace soltanto quando non può essere utile come desidera. La sua attenzione è per gli altri non per se stessa. Virtù, queste, così semplicemente evangeliche eppure così rare.
 
Rimane a Lusia dall’ottobre 1976 al luglio 1978, ma è proprio qui che si manifestano i primi sintomi del tumore. Il mostro insediato nel suo corpo avanza rapidamente e si manifesta subito molto aggressivo, ma Madre Adelaide, pienamente consapevole del suo male, lo accoglie come un mezzo per prepararsi all’incontro con il Signore Gesù, da lei tanto amato come il suo Buon Pastore. Nella preghiera si unisce a Gesù con un sereno e fiducioso abbandono alla volontà del Padre e vive la malattia con la stessa coerenza e disponibilità vissuta in ogni circostanza della sua vita.
 
Trascorre gli ultimi mesi tra l’ospedale Regina Apostolorum di Albano e la Casa Madre. Il decorso della malattia è più rapido di quanto si potesse immaginare, per questo ai primi di aprile del 1979, la sua situazione precipita e le sorelle si avvicendano al suo capezzale con amore e venerazione. La sera del 6 aprile, ultima della sua vita, la superiora generale la saluta perché il giorno dopo deve partire, ma manifesta la sua preoccupazione e la sua incertezza sul fatto di doverla lasciare così grave. Lei la rassicura: “Vada pure tranquilla”. Lucida e consapevole non chiede nulla per sé ma si dispone alla venuta di sorella morte, nella certezza di fede che si tratta solo del passaggio per ritrovarsi nelle braccia del Padre celeste.
 
Riceve con piena consapevolezza l’Unzione degli infermi e il Santo Viatico e chiede di dare il suo saluto a tutte le sorelle. Alle sette del mattino del sabato 7 aprile, circondata dalla preghiera delle sorelle, consegna la sua grande anima al Padre, recata sulle spalle di Gesù buon Pastore, come pecorella docile e fedele.
 
Alle esequie don Angelo Pettinati, SSP, che presiede la celebrazione, nell’omelia dà di Madre Adelaide la sua testimonianza: “L’ho conosciuta durante la sua permanenza all’ospedale Regina Apostolorum. Ho notato come le beatitudini: beati i miti, beati i pacificatori, beati i puri di cuore, fossero incarnate in Sr Adelaide”.
 
Alla notizia della sua morte, il settimanale diocesano di Massa Marittima - Piombino, dedica un articolo in sua memoria, proprio perché molto stimata anche nella sua terra d’origine e nella Chiesa diocesana che l’aveva generato alla fede. Ricorda alcuni tratti salienti della sua vita e in particolare la missione pastorale svolta nel Cicolano. La sua fede mite e ardente, la sua silenziosa, paziente laboriosità, manifestata soprattutto nei momenti più difficili, rendono la sua memoria una benedizione per tutti. 

Sr Giuseppina Alberghina, sjbp

 


Suore di Gesù buon Pastore – Pastorelle

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